I noduli alla tiroide costituiscono uno dei principali motivi che portano i pazienti all’attenzione degli specialisti in endocrinologia, affollandone gli ambulatori; infatti, a seconda degli studi epidemiologici, i noduli riscontrati ecograficamente possono interessare fino al 60% della popolazione (una incidenza straordinaria). La maggior parte di essi, tra l’altro, non determina alcuna alterazione nella regolare produzione degli ormoni tiroidei.
Il riscontro di un nodulo costituisce spesso ed erroneamente motivo di angoscia per la persona a cui viene diagnosticato (la maggior parte delle volte in pazienti completamente asintomatici) poiché la paura è che il nodulo rappresenti un tumore maligno.Tuttavia i dati epidemiologici sono rassicuranti: il tumore della tiroide rappresenta in media solo il 5-10% dei noduli a seconda di sesso, età, familiarità per tumore della tiroide ed esposizione a radiazioni ionizzanti (come radioterapia, disastri nucleari ecc). Dati questi numeri molto importanti, considerando che nel 90-95% dei casi i noduli sono innocui e benigni, deve essere cura dello specialista endocrinologo indirizzare SOLO i noduli sospetti a proseguire il percorso diagnostico; infatti, indirizzare indiscriminatamente tutti i noduli ad ulteriori indagini comporta il rischio di esporre il paziente a procedure con grosso impatto sulla qualità di vita senza reale necessità. Un altro dato estremamente rassicurante è che oltre il 90% dei tumori della tiroide sono rappresentati dal carcinoma differenziato (tipo follicolare e papillare), una variante solo moderatamente aggressiva e con un’altissima percentuale di curabilità.
Di fronte a un nodulo tiroideo, lo specialista endocrinologo deve esprimersi sul rischio che quel nodulo possa essere un tumore tiroideo: per questo, sono fondamentali un’ attenta anamnesi ed un’ ecografia accurata.Dall’anamnesi devono emergere gli eventuali fattori di rischio; i più importanti sono rappresentati da pregressa esposizione a radiazioni , la concomitante presenza di tumori in altri distretti corporei (colon, mammella, ecc) e la familiarità per tumori tiroidei.Per quanto riguarda l’ecografia tiroidea, esistono delle linee guida chiare ed esaustive (sia europee che americane) che codificano i criteri per differenziare i noduli benigni da quelli maligni; il sospetto di malignità di un nodulo aumenta con l’aumentare del numero delle caratteristiche sospette come la presenza di microcalcificazioni, i margini irregolari, l’ipoecogenicità, ecc. Sotto sono riportati alcuni esempi di tali caratteristiche.
Ri-adattato per Medìs dalle Linee Guida dell’America Thyroid Association del 2015 per la gestione del nodulo tiroideo e del tumore differenziato della tiroide
In caso di nodulo sospetto, il modo più efficace e meno invasivo per analizzarlo è il cosiddetto “ago aspirato”, che costituisce il passo successivo. L’agoaspirato, in inglese “fine needle aspiration” (FNA) è una metodica che, attraverso la puntura eco-guidata del nodulo con un ago sottile, permette di prelevare per capillarità dei campioni di cellule che vengono analizzati dall’anatomo patologo. Per questo è importante sottolineare che l’agoaspirato è una procedura diagnostica e non terapeutica.Il risultato di questo esame deve essere interpretato unitamente agli altri dati raccolti dal Clinico per decidere il successivo iter dei controlli o una eventuale terapia chirurgica.
Ad oggi non è dimostrata l’efficacia di alcuna terapia medica (medicinali) per la cura dei noduli tiroidei. In caso di noduli benigni solidi, è semplicemente raccomandato un adeguato apporto di iodio e il loro monitoraggio ecografico.La chirurgia e nuove metodiche mininvasive (laser, termo ablazione, ecc) rimangono la terapia di elezione in questo settore.La terapia dei noduli tiroidei dipende dalla loro natura:Noduli benigni: è sufficiente un monitoraggio periodico con l’ecografia. Se sussistono dubbi si preferisce ripetere periodicamente l’agoaspirato. Se il nodulo benigno tende ad accrescersi e causa disturbi locali per le sue dimensioni si può valutare l’opportunità di un trattamento chirurgico o con tecniche mininvasive (laser o radiofrequenza) che non comportano cicatrici cutanee.
Le cisti benigne, se sintomatiche, vanno svuotate con l’agoaspirato. In caso di recidiva si può effettuare una sclerosi percutanea, iniettando al loro interno alcol assoluto, inducendo così una marcata riduzione del loro volume senza ricorrere alla chirurgia.
I noduli maligni vanno asportati chirurgicamente attraverso un intervento di tiroidectomia totale (si asporta la ghiandola in toto) o, in alcuni rari e selezionati casi, è possibile asportarne solo la metà. Quando il nodulo ha superato la capsula che delimita la tiroide e sono interessati anche i linfonodi del collo, si asportano anche tutti i linfonodi interessati e poi, per eliminare eventuali residui di tessuto tiroideo, si ricorre a un trattamento con iodio radioattivo (terapia radiometabolica).
Dopo l’intervento, il paziente viene sottoposto a terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina a vita.La chemioterapia e la radioterapia non sono indicate se non in rari casi di tumori altamente aggressivi o in presenza di metastasi a distanza.
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