Ecco perché da un certo punto di vista mangiare un piatto di pasta equivale ad assumere più o meno una tazza di zucchero. In realtà però cambia un parametro importante cioè l’indice glicemico (IG) che rappresenta la velocità con la quale il glucosio arriva nel sangue dopo il suo assorbimento promuovendo il rilascio dell’insulina (ormone secreto dal pancreas). Più è alto questo indice più velocemente quelle molecole di zucchero passano nel sangue, ciò influisce sui livelli di zucchero ematico e cioè sulla glicemia (Fig.1).
Fig. 1 variazione della glicemia in base all’IG degli alimenti. (Pavan P. Rimini wellness 2015)
Un altro parametro importante che completa e rafforza il concetto di IG è il carico glicemico che tiene conto oltre che dell’IG di ogni alimento anche delle caratteristiche dei carboidrati contenuti in un determinato cibo.
In effetti, il muscolo in attività (soprattutto quando l’attività ha una certa intensità) necessita di zuccheri e il cervello è indubbiamente uno degli organi che consuma tantissima energia soprattutto sotto forma di zuccheri. Però questi zuccheri, che servono ai muscoli e al cervello, il corpo se li produce da sé a partire da alimenti più complessi, che non sono necessariamente lo zucchero, i dolci, i succhi, le bevande, ma sono per esempio la frutta e la verdura e i cereali integrali.In realtà gli zuccheri veri e propri nell’alimentazione quotidiana sostengono soltanto una cosa, che è il palato: sono buoni e hanno logicamente questa grande capacità di dare un senso di soddisfazione che ci rende più dolce la parte amara della nostra vita. Una recente ricerca sostiene che gli alimenti ad alto contenuto di zucchero possono effettivamente aumentare il sistema di ricompensa del cervello a tal punto che questo prevale sulla capacità di un individuo di smettere di mangiare creando nel subconscio modelli e abitudini alimentari (Ongaro 2018).
Man mano che l’industria ha capito quanto lo zucchero piacesse alle persone, lo zucchero è diventato onnipresente: lo si trova ovunque e si fa fatica a trovare alimenti che non abbiano zucchero aggiunto. Perciò tra sciroppi, marmellate, succhi di frutta, bevande varie, viene fuori un carico di zucchero veramente al di sopra delle nostre capacità metaboliche. Che cosa comporta questo? Comporta tutta una serie di problematiche: è un acceleratore dell’invecchiamento tramite un processo che si chiama glicazione, aumenta i livelli di insulina che comporta un maggior rischio di malattia cardio metaboliche; è quindi un alimento che di per sé non serve a molto e potrebbe potenzialmente fare dei danni.Tanto più è alto il carico glicemico, tanto più brusca e imponente sarà la risposta insulinica (vedi figura 1), che indurrà ad immagazzinare in scorte adipose i carboidrati in eccesso, conducendo allo stesso tempo ad una situazione di ipoglicemia che provoca fame e irrequietezza. Se per far fronte a questa situazione si mangiano altri carboidrati sbagliati, si genererà una nuova secrezione insulinica che porterà ad un circolo vizioso o come è stato chiamato da qualcuno in modo colorito, “nell’inferno dei carboidrati”: più se ne mangiano più se ne mangerebbero.Le ultime tecnologie messe a disposizione dalla scienza sono state utilizzate dai ricercatori dell’Oregon Research Institute (Eric Stice) per indagare sul rapporto che c’è tra cibo e cervello.
Un dato interessante che emerge è che più mangiamo cibi ad alto contenuto di zucchero, più vogliamo mangiare alimenti zuccherati e non vorremmo mai smettere, un modo diplomatico per dire che può dare assuefazione (Ludwig et al, 1999). Utilizzando una macchina per la risonanza magnetica funzionale sono state monitorate le reazioni di un campione di persone tra cui dei bambini mentre venivano mostrate immagini pubblicitarie di vario genere alla TV tra cui quelle di cibo spazzatura ad alto contenuto di zuccheri. Il risultato del test ha messo in evidenza che in varia misura sono stati sollecitati tutti i sistemi di ricompensa al passaggio degli spot alimentari. Dopo un anno, ripetendo il test, i soggetti che più avevano risposto alle sollecitazioni erano quelli ingrassati maggiormente (Yokun and Stice, 2014).
Quali sono i glucidi a basso carico glicemico? Quelli cioè che inducono una risposta insulinica più graduale e moderata tale che il livello di glucosio nel sangue rimanga il più possibile costante, in modo che il cervello e l’organismo possano avere un rifornimento continuo senza soffrire di cali glicemici (ipoglicemia) e senza sentire la necessità di ulteriori alimenti? Per es. tutte le verdure; la frutta (eccetto banane e uva passa) ha un carico glicemico medio; sono considerati sfavorevoli invece amidi e cereali, patate comprese, quindi pane, pasta, riso ecc. Fanno eccezione orzo e avena perché sono ricchissimi in fibre che rallentano l’assorbimento dei carboidrati e quindi agiscono favorevolmente sull’indice glicemico.
Quindi in conclusione un suggerimento per vivere meglio, più a lungo e in salute potrebbe essere quello di evitare zuccheri, dolci, dolcetti vari, succhi eccetera nella vita quotidiana e quando arriva il giorno di festa in cui si vuole mangiare un dolce lo si mangia senza sensi di colpa, di mangiare cereali non raffinati in quantità che variano a seconda dell’attività fisica che viene svolta (preferibilmente integrali al 100%) e preferire invece quegli alimenti cibi con IG più basso come le verdure e, in quantità più moderate, la frutta.
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